
Viva Belgrado – Bellavista
Giuro che dei Viva Belgrado avrei voluto scriverne solo che bene, ma bisogna prendere atto che con il loro ultimo album si sono parecchio impegnati affinché ciò non accadesse. La band spagnola, una fra le più rilevanti a livello europeo per quanto riguarda la musica screamo, dopo un paio di ottimi dischi (“Carnes, Flores” del 2014, “Ulises” del 2016) e almeno un ep, è tornata con “Bellavista”.
Il lavoro, uscito dopo quattro anni di silenzio discografico, prova, in parte, a svecchiare il suono ormai classico della band, tentando nuove soluzioni sonore e concedendo maggior spazio al pop.
L’iniziale Una Soga, dall’animo lucente ed irrequieto, si lascia guidare dalle chitarre, increspandosi sempre più, mentre la title track, una gemma screamo/pop di pregevole fattura, si pianta nel cuore fin dal suo primo ascolto (la frase “esta mierda non se puede salvar” vi girerà in testa per giorni). Cerecita Blues, subito dopo, si ferma un gradino sotto, ma, grazie al suo sognante assolo di chitarra, ci accompagna nel migliore dei modi allo spirito quasi hip hop/lo fi dell’ottima Mas Triste Que Shinji Ikari (già dal nome si poteva intuire che non poteva essere altro se non un capolavoro).
Arrivati a questo punto, però, l’entusiasmo finisce e il disco si chiude su sé stesso, sprofondando in una lunga sequenza di brani poco ispirati e decisamente ancorati al passato. Il muro di chitarre e grida di Un Collar nasconde qualche vaghissimo rimando alla musica tradizionale spagnola, prima di infuriare stancamente, mentre Ikebukuro Sunshine, pur provando a trovar un modo per emergere grazie al ritornello, risulta piuttosto piatta e incolore. Shibari Emocional, proseguendo nell’ascolto, vorrebbe provare a scaldare il cuore, ma appare anonima e priva di pathos, come, del resto, la conclusiva Què Hay Detràs De La Ventana?. Nel mezzo a tutto ciò, una manciata di pezzi che non vale neanche la pena ricordare.
Ritrovarmi a parlare in questi termini dei Viva Belgrado mi dispiace veramente un sacco, ma del resto, mi risulta impossibile fare diversamente. Quanto proposto con questo “Bellavista” non è altro che musica compiuta per metà (forse anche un pochino meno). L’ottima qualità dei primi quattro brani mitiga sicuramente il flop dovuto ai restanti sette, ma il risultato complessivo comunque appare piuttosto deludente. Chiamiamolo pure disco di transizione, ma speriamo fortissimo che imbocchino la strada giusta e che ritrovino l’ispirazione rapidamente.
(09/05/2020)
Voto: 6,5