Brunori Sas – Cip!

Brunori Sas – Cip!
Era da diversi anni che non mi soffermavo così tanto su un disco di Brunori Sas. All’inizio della sua carriera, all’interno della scena indie se ne parlava molto e, fin da subito, era riuscito a ritagliarsi uno spazio di rilievo a livello nazionale. Con “Il Cammino Di Santiago In Tasca”, invece, ho cominciato a perdere i contatti, con la percezione che si fosse un po’ inabissato in una dimensione mainstream per la quale forse non era propriamente portato. Ho cominciato a ritrovarlo con il successivo “A Casa Tutto Bene” (ottimo il singolo La Verità, meno entusiasmante l’interezza dell’album), ma devo ammettere che solo con “Cip!” è tornato a farsi vivo l’interesse.
Le undici canzoni di questo nuovo lavoro si susseguono costruendo un insieme coerente e leggero che, mescolando pop, allegria, riflessione e passione, non lascia scampo. Il pacato aprire de Il Mondo Si Divide, ad esempio, semplice e sincero, introduce la freschezza accattivante della travolgente Capita Così (ritornelli trascinanti, parole tristi ma cariche di speranza). Con Mio Fratello Alessandro l’amore familiare viene cantato in uno dei modi più intelligenti degli ultimi anni (molto bello il finale con tanto di esplosione di sax), mentre Al Di Là Dell’Amore, affrontando politica e tema dei migranti, riesce ad assestare un gran bel colpo allo stomaco, evitando di cadere in banali cliché (parole taglienti, atmosfere incalzanti, ottime melodie). Nella parte conclusiva, invece, si ritagliano sicuramente un loro spazio l’ottima Per Due Che Come Noi (voce e pianoforte a reggere tutto, accompagnati da intelligenti arrangiamenti) e il piglio vagamente à la Baustelle di Benedetto Sei Tu (basso dritto e lineare, atmosfera orchestrale, energia e solarità a profusione).
Quel che rende particolarmente riuscito “Cip!” è la solidità di ogni singolo brano: non solo Dario Brunori appare molto ispirato, ma non delude in nessuna occasione, né quando è da solo con il pianoforte, né quando c’è un fiorire di arrangiamenti (a produrre c’è comunque Taketo Gohara, che di esperienza ne ha da vendere). Certo, il suo è un cantautorato classico, che non ammicca all’itpop, non segue le mode e non ha alcuna pretesa di ammodernare il genere, ma ciò non mi sembra un difetto. Magari non troverà particolare consenso fra le nuove generazioni, ma la qualità e la maturità espressa in questi undici brani arriveranno sicuramente alle orecchie e al cuore di molte persone.
(31/01/2020)

Voto: 8