Biennale Venezia 2019 – May You Live In Interesting Times

Biennale Venezia 2019 – May You Live In Interesting Times
Saranno ormai quasi vent’anni che frequento la Biennale di Venezia. Partito da bambino, edizione dopo edizione, ne ho seguito l’evoluzione e i cambiamenti. Per quanto mi riguarda, oltre ad essere riconosciuto all’unanimità come uno tra i principali eventi europei (se non mondiali) legati all’arte contemporanea, rappresenta anche un ottimo momento per riflettere sui grandi temi che accomunano il mondo intero (politica, religione, etica, ambiente, tecnologia, immigrazione, ecc… ).
Anche quest’anno sono andato e, per riassumere, se sono partito fiducioso con in mente ancora il ricordo dell’esperienza del 2017 (il tema proposto dal curatore non mi aveva entusiasmato, ma sicuramente ottima annata per quanto riguarda i padiglioni nazionali), alla fine me ne sono ritornato a casa piuttosto insoddisfatto. In questa edizione, infatti, non solo mi è stato difficile riuscire a trovare opere di grande impatto e dal grande significato, ma devo ammettere che ho anche vissuto male la scelta del curatore di ospitare sia nel Padiglione Centrale che nell’Arsenale gli stessi artisti (anche se con opere differenti).
Di sicuro si fanno ricordare la performance del padiglione della Lituania (che, infatti, ha vinto il Leone D’Oro) e il braccio meccanico che pare vivere di vita propria (Sun Yuan e Peng Yu). Ma anche l’installazione di Shilpa Gupta dedicata a 100 poeti incarcerati (a causa della loro produzione o delle loro posizioni politiche) e lo scheletro al neon di Tavares Strachan (che parla di razzismo e viaggi nello spazio) non sono da meno. Certo è, però, che i padiglioni dell’Italia, della Germania, della Francia e della Russia (solo per citare quelli per la quale avevo maggiori aspettative), si sono dimostrati piuttosto avari per quanto riguarda il livello qualitativo e i messaggi trasmessi. Come già detto, inoltre, la scelta del curatore di presentare gli stessi artisti in due luoghi diversi mi ha dato l’impressione che si sia scelto di andare “al risparmio” (anche se, tecnicamente, non ho idea se questa scelta abbia portato a minori costi), con una conseguente riduzione della varietà e del numero dei partecipanti.
Per concludere, dunque, a mio parere, questa del 2019 si è rivelata essere un’edizione piuttosto anonima e priva della giusta grinta, in cui i tempi interessanti indicati dal titolo (“May You Live In Interesting Times”) vengono descritti in modo poco interessante e ispirato da chi ha organizzato l’esposizione e da chi vi ha preso parte.
(13/06/2019)

Voto: 5